San Bartolomeo apostolo
Nella
realizzazione di un’icona il primo passo è sempre costituito dallo studio dei
modelli iconografici attestati.
In passato, pur
nell’omogeneità dei canoni, le differenze anche notevoli non mancano.
Per questo
motivo, la scelta del modello a cui rifarsi per dipingere un’icona risulta un
elemento determinante nella realizzazione concreta.
Nella
realizzazione di questa icona di San Bartolomeo apostolo si è scelto di seguire
la raffigurazione presente nel ciclo musivo della cattedrale di Cefalù (vedi
immagine), per la sua bellezza e la sua sobrietà.

Come appare
subito all’occhio, la rappresentazione di San Bartolomeo si discosta alquanto
da quelle a cui ci ha abituato l’arte moderna. Qui, infatti, è del tutto
assente il tema del tipo di martirio subito da San Bartolomeo.
La ragione di
questa scelta, operata dalla Chiesa antica, risiede nel fatto che le icone
vogliono offrire lo sguardo sulla realtà trasfigurata, uno squarcio simbolico sulla
vita che sarà alla fine dei tempi.
Inoltre, le icone
fanno in modo che chi prega dinanzi ad esse possa disporsi in un clima di
estrema fiducia e pace, senza accentuare la sofferenza della condizione
presente.
Il
martirio quindi non è taciuto, bensì superato. L’icona dice una parola di
speranza: i martiri subivano il loro martirio perché sapevano che esso era la
strada per questa pace. Infatti, il fine del martirio non è la sofferenza del
martirio stesso, ma la pace che ne consegue. E questa pace viene come offerta
in presentimento nelle icone.
[1] Cfr. E. Kitzinger, I mosaici di Santa Maria dell’Ammiraglio a
Palermo, Nuova Alfa, Palermo 1990, pp. 154-158 e 235-245.
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