Le nozze di Cana

La seguente lettura dell'icona è stata scritta da
 Mariachiara Fincati e Matteo Garzetti


(2014) Tempera all'uovo e doratura a bolo su tavola (tiglio), dim. 31x51.

Il terzo giorno vi fu una festa di nozze a Cana di Galilea e c’era la madre di Gesù. Fu invitato alle nozze anche Gesù con i suoi discepoli. Venuto a mancare il vino, la madre di Gesù gli disse: "Non hanno vino". E Gesù le rispose: "Donna, che vuoi da me? Non è ancora giunta la mia ora". Sua madre disse ai servitori: "Qualsiasi cosa vi dica, fatela".
Vi erano là sei giare di pietra per la purificazione rituale dei Giudei, contenenti ciascuna da ottanta a centoventi litri. E Gesù disse loro: "Riempite d’acqua le giare"; e le riempirono fino all’orlo. Disse loro di nuovo: "Ora prendetene e portatene a colui che dirige il banchetto". Ed essi gliene portarono.
Come ebbe assaggiato l’acqua diventata vino, colui che dirigeva il banchetto -il quale non sapeva da dove venisse, ma lo sapevano i servitori che avevano preso l’acqua ­chiamò lo sposo e gli disse: "Tutti mettono in tavola il vino buono all’inizio e, quando si è già bevuto molto, quello meno buono. Tu invece hai tenuto da parte il vino buono finora".
Questo, a Cana di Galilea, fu l’inizio dei segni compiuti da  Gesù; egli manifestò la sua gloria e i suoi discepoli credettero in lui.
Giovanni 2


Cercavamo, nei Vangeli, una donna energica e assertiva: ecco Maria, che sottopone a  Gesù il caso del vino e così affretta l’evento dell’ora.
La scena si svolge lontano dai riti e dal banchetto, tra la cucina e la cantina.
Le mani della Madonna dicono a  Gesù: “Non hanno più vino”; e ai servi: “Quello che vi dirà, fatelo!”

Gesù è l’unica figura che si vede per intero nella propria verticalità. Gli altri personaggi sono uno sovrapposto all’altro: si passano il testimone in un cammino di iniziazione dalle giare dell’abluzione al calice del vino nuovo. Maria è totalmente umana, è della famiglia degli uomini, ma, con le sue braccia, è il ponte, il nuovo arcobaleno dell’ultima Alleanza.
Gesù è la scala, la nuova scala di Giacobbe che porta in Cielo. Ma, siccome Dio ha preso molto sul serio l’Incarnazione, la mano destra di  Gesù entra nella massa rossa delle giare per la purificazione dei Giudei. È il Battesimo di Giovanni: l’abluzione giudaica che  Gesù ha vissuto per prendere su di sé, con amore, anche questo tentativo di purezza.

Le giare sono 6: numero ciclico e sempre imperfetto, perché non accede al 7 della creazione perfetta. Bisogna sempre lavarsi di nuovo, sempre offrire un nuovo sacrifico per l’espiazione. 6 è il numero dell’ossessione: come infatti rendere puro l’uomo, se non lavandolo via del tutto?
Nell’abluzione c’è ancora la tentazione del diluvio universale!

Il suolo è di un verde intenso scuro. Da esso è stato tratto e formato l’uomo, che è suolo, terra umida.
Nell’icona è ripresentato dal servo più giovane, imberbe, immaturo, vestito di verde.

Anche il servo vestito di rosso, sebbene più maturo, è uomo tratto dalla terra rossa, ’adamâ : è quell’Adamo creatura a cui Dio dona l’alito di vita.
Rosso e verde sono colori complementari, che non si incontrano: l’uomo, disintegrato, non arriva a far sintesi (meglio: pace). Le polarità hanno il sopravvento, e siamo spezzati.
Entrambi i servi però ascoltano Maria e obbediscono a  Gesù, portando e versando l’acqua della banalità di ogni giorno, in cui bisogna lavarsi. Essi sono rivolti verso il basso e i loro sguardi verso la mano di  Gesù, che fa essere quello che dice.
Il terzo servo ha attinto acqua dalle giare: ed ecco, è vino! Egli regge di fronte a  Gesù il calice; nella sua età canuta è rappresentata la maturità della vita spirituale. È bianco: di un bianco ocra luminoso, che vira al verde e al rosso, come l’oro: è la pace! Finché il verde o il rosso non si lasceranno assorbire dalla luce, non ci sarà l’oro.


Il servo bianco, con il calice della festa, ha smesso di guardare, chino, la mano che comanda, ma fissa gli occhi nello sguardo di  Gesù, a dirgli: “Tu sei il Cristo”; e, come testimone-martire, si riveste della sua stessa luce. Allo stesso modo di Maria, egli dialoga con  Gesù e non ha più bisogno di obbedire: può abbandonare l’acqua delle abluzioni, è pronto per il vino della festa.

È il “servo conscio” dell’inno ambrosiano dell’Epifania Illuminans Altissimus:

hausit minister conscius  
quod ipse non impleverat.
 

(Il servo consapevole attinse
ciò che lui non aveva versato.)

Il servo è il primo testimone, perché sa, a differenza del maestro di cerimonia, il quale non sapeva da dove venisse [il vino], ma lo sapevano i servitori che avevano preso l’acqua.

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